Il cero Pasquale
Tra luce e Arte Sacra
Ho subito accettato con grande piacere l’incarico di Mons. Carlino, arciprete della Parrocchia di Santa Maria Assunta di Cividale, per la realizzazione del decoro per il cero Pasquale.
La scelta di un soggetto così rappresentativo ispirato all’altare di Ratchis mi ha posto dinanzi una sfida che ho raccolto con entusiasmo: unire all’immagine del “Maiestas Domini” la tecnica a me così preziosa dell’iconografia, per di più su una base così delicata e dalla forma cilindrica come il cero.
Inoltre, orgogliosa delle mie origini cividalesi, ho voluto esprimermi al massimo in un compito che va a valorizzare una delle forme d’arte storicamente più significative della mia zona.
Per prima cosa ho progettato in modo accurato il disegno preparatorio, studiando gli spazi, l’armonia della forma e delle proporzioni, attività a cui ho dedicato moltissimo tempo.
Il secondo passo è stata la doratura: ho utilizzato la tecnica della doratura a missione. Ho applicato delicatamente la foglia d’oro sulle zone del cero da decorare: la difficoltà maggiore è stata lavorare in una base cilindrica.
Successivamente ho trasferito il disegno sulla doratura del cero, tramite la tecnica dell’incisione, facendo una minima pressione con un punteruolo.
Seguendo la tecnica dell’iconografia, ho dato una base alle immagini, poi ho ripreso le linee del disegno ed infine ho dipinto tutte le varie parti del soggetto con la tecnica della tempera all’uovo, cioè usando come legante dei pigmenti una emulsione all’uovo.
A impreziosire l’immagine vi sono delle pietre di cristallo color lapislazzuli per il nimbo e per le vesti la scelta è ricaduta sui colori più simili all’originale.
Il Cero pasquale nella liturgia
(Contributo di Elisa Morandini, Direttrice del Museo Cristiano e Tesoro del Duomo di Cividale del Friuli)
Durante la Veglia di Pasqua viene acceso il cero pasquale che simboleggia il Cristo risorto e la vittoria della luce sulle tenebre, della vita sulla morte.
Non esiste una iconografia precisa che decora il cero, esistono però alcuni simboli rappresentativi del momento pasquale: la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco Alfa e Omega, poste a significare che Gesù è insieme principio e fine di ogni cosa; la croce che rappresenta il nostro cammino spirituale; i cinque grani di incenso posti ai lati della croce e un’immagine di Cristo Risorto.
Quest’anno don Livio ha pensato di scegliere come immagine del Cristo quella più antica della città: la Maiestas Domini scolpita nella parte frontale dell’altare di Ratchis.
In questa opera Gesù Cristo viene rappresentato come un giovane ancora imberbe, è seduto in trono, come si evince dalle pieghe della veste all’altezza delle ginocchia; con una mano tiene un cartiglio e con l’altra tiene due dita unite facendo così il segno detto “digitazione” che all’epoca voleva dire: “Io ti sto parlando”.
L’aureola realizzata con una lamina d’oro ora scomparsa, lascia la traccia scolpita della croce e dei castoni per tre paste vitree probabilmente blu per rappresentare il colore della Passione.
La sua veste rappresenta anch’essa la maestà: i colori che nel medioevo canonicamente rappresentavano il re o comunque un personaggio reale erano due: il verde per la veste e il manto color porpora. Gli stessi che si possono ammirare nell’altare.
Due Serafini, angeli dalle sei ali di cui solo due aperte e che escono anche dalla mandorla di alloro e dai mille occhi realizzati da paste vitree rosse, lo affiancano e lo proteggono.
Questi angeli hanno le ali dipinte con l’ocra e non sono come è solito, data la loro importanza, rivestite con lamine d’oro; questo probabilmente è un artificio artistico per evitare che il loro risplendere offuscasse l’immagine di Cristo.
La scena è inserita in una mandorla decorata da alloro e lo sfondo azzurro chiaro della stessa serve a far risaltare la corporeità e l’importanza di Gesù.
Sopra la testa di Gesù si nota la mano di Dio Padre che irrompe dalle nubi, una volta colorate con i colori dell’arcobaleno come simbolo dell’alleanza tra Dio e l’uomo, attraversa il cielo rappresentato dalla cornice cordonata e infine entra nella mandorla di alloro per accogliere il figlio.